Il Castello

La mole imponente del castello, posto in cima ad una altura ad oltre 700 metri di altitudine, insieme alla sagoma della Cattedrale svetta tra le altre costruzioni e caratterizza l’aspetto di Savoia di Lucania, comune del Marmo Melandro molto interessante dal punto di vista storico, culturale e antropologico.

Il castello, punto di aggregazione per le abitazioni del popolo che sono sorte tutte intorno a scopo difensivo, ha origini medievali, collocabili presumibilmente all’epoca dei Normanni.

Siamo intorno al 1150 e in quegli anni il casale di Salvia era un piccolo feudo assegnato a Guarinus de Salvia, cavaliere normanno alle dipendenze del conte di Pietrafesa.

I secoli successivi vedono alternarsi numerosi feudatari, da Robertus de Salvia (ai tempi dell’imperatore Federico II di Svevia), ai Sanseverino di Marsico, ai Gesualdo, fino ad arrivare ai Caracciolo che ampliarono e mutarono profondamente l’aspetto del castello nei secoli XV- XVI, e infine alla famiglia Laviano.

Intorno all’anno 1000 i Basiliani, i monaci di rito greco che si erano insediati nella valle e fondato la chiesa di San Biagio di Salvia, dando origine al casale omonimo sorto nelle vicinanze, nei campi intorno al luogo di culto coltivavano la salvia dalle proprietà curative, che in primavera trasformava il paesaggio in distese di fiori violacei.

Non bisogna dimenticare però che il territorio compreso nel territorio di Savoia è stato popolato molti secoli prima rispetto alla fondazione di quello che oggi è considerato il centro storico.

I primi insediamenti risalgono all’epoca romana; ne danno testimonianza i numerosi ritrovamenti archeologici, come tombe e oggetti in ceramica dipinta con vernice nera, e il toponimo Perolla (frazione di Savoia), che ha origine dal nome del figlio di un condottiero romano che in questi luoghi perse la vita nel tentativo di uccidere Annibile, penetrando di notte negli accampamenti cartaginesi, durante la seconda guerra punica.

Chiudiamo questa digressione storica fatta di aneddoti e curiosità per tornare a parlare del castello, fortezza a forma trapezoidale munita di tre torri, costruita con pietre non squadrate.

Una visita virtuale ci introduce nel cortile interno, dal quale si aprono una serie di locali un tempo adibiti a cucine, depositi agricoli, cantine. Nel piano superiore, gli ambienti residenziali, camere e saloni di rappresentanza.

Tre stanze sono abbellite da affreschi che presumibilmente sono stati realizzati tra il ‘700 e l’ 800.

Angeli, paesaggi, fiori, greche, elementi architettonici come balaustre e capitelli, motivi decorativi. Questi i temi prevalenti, trattati con molto gusto estetico e con l’utilizzo di colori vivi.

Il castello è in fase di restauro: a breve diventerà un polo museale in cui sarà esposta la ricca collezione Vernotico sul Ventennio Fascista e in cui sarà allestito il Museo dedicato all’anarchico Passannante. In attesa di essere trasferito, il museo è provvisoriamente ubicato negli ex locali della Comunità Montana del Marmo Melandro.

Intorno al castello si sviluppa il borgo medievale che conserva intatta la sua struttura urbanistica originaria: un reticolato di vicoli, archi, scalinate e stradine che si intrecciano tra loro; il fascino delle modeste abitazioni contadine in pietra addossate le une alle altre e costruite con materiali poveri, sfruttando le asperità del terreno.

Le case del centro storico, in cui fino agli anni ’50-’60 la popolazione dedita all’agricoltura e in parte all’artigianato viveva in condizioni di miseria e arretratezza, presentano caratteristiche strutturali comuni: piano terra adibito a deposito e ricovero di animali quali polli e asini, con una cantina scavata nella roccia; il piano superiore nel quale si estende la vera e propria abitazione, dove non mancavano il camino, la cucina in muratura, nicchie con mensole usate come armadi e dispense, e la camera da letto; a volte la presenza di portali in pietra scolpiti con date, iniziali, stemmi, simboli scaramantici, elementi decorativi…

Nel 1952 una equipe di studiosi capeggiata dall’antropologo Ernesto De Martino e finanziata dalla RAI scelse come oggetto di studi (insieme ad altri piccoli centri meridionali), proprio Savoia di Lucania, con l’obiettivo di documentare e registrare i canti popolari e i comportamenti magico-religiosi sul ciclo della vita; dati e notizie che confluirono nella celebre pubblicazione “Sud e Magia”.

Si ringrazia Chiara Ponte per la stesura del materiale storico, foto Ivan Cavallo